«Ma pure, ascolta, o Giobbe, il mio dire, porgi orecchio a tutte le mie parole! Ecco, apro la bocca, la lingua parla dentro il mio palato. Nelle mie parole è la rettitudine del mio cuore; le mie labbra diranno sinceramente quello che so. Lo Spirito di Dio mi ha creato, e il soffio dell’Onnipotente mi dà la vita. Se puoi, rispondimi; prepara le tue ragioni, fatti avanti! Ecco, io sono uguale a te davanti a Dio; anch’io fui tratto dall’argilla. Spavento di me non potrà quindi coglierti e il peso della mia autorità non ti potrà schiacciare. Davanti a me tu dunque hai detto (e ho udito bene il suono delle tue parole): “Io sono puro, senza peccato; sono innocente, non c’è iniquità in me; ma Dio trova contro me degli appigli ostili, mi considera suo nemico; mi mette i piedi nei ceppi, spia tutti i miei movimenti”. Ecco, io ti rispondo: “In questo non hai ragione”; poiché Dio è più grande dell’uomo. Perché contendi con lui? Egli non rende conto dei suoi atti. Dio parla una volta, e anche due, ma l’uomo non ci bada; parla per via di sogni, di visioni notturne, quando un sonno profondo cade sui mortali, quando sui loro letti essi giacciono assopiti; allora egli apre i loro orecchi e dà loro in segreto degli ammonimenti, per distogliere l’uomo dal suo modo di agire e tenere lontano da lui la superbia; per salvargli l’anima dalla fossa, la vita dalla freccia mortale.
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