Lettera agli Ebrei 11:24-27
Lettera agli Ebrei 11:24-27 Nuova Riveduta 2006 (NR06)
Per fede Mosè, fattosi grande, rifiutò di essere chiamato figlio della figlia del faraone, preferendo essere maltrattato con il popolo di Dio che godere per breve tempo i piaceri del peccato, stimando gli oltraggi di Cristo ricchezza maggiore dei tesori d’Egitto, perché aveva lo sguardo rivolto alla ricompensa. Per fede abbandonò l’Egitto, senza temere la collera del re, perché rimase costante, come se vedesse colui che è invisibile.
Lettera agli Ebrei 11:24-27 Nuova Riveduta 1994 (NR94)
Per fede Mosè, fattosi grande, rifiutò di essere chiamato figlio della figlia del *faraone, preferendo essere maltrattato con il popolo di Dio, che godere per breve tempo i piaceri del peccato; stimando gli oltraggi di Cristo ricchezza maggiore dei tesori d'Egitto, perché aveva lo sguardo rivolto alla ricompensa. Per fede abbandonò l'Egitto, senza temere la collera del re, perché rimase costante, come se vedesse colui che è invisibile.
Lettera agli Ebrei 11:24-27 Traduzione Interconfessionale in Lingua Corrente (ICL00D)
Per fede, Mosè, quando fu adulto, non volle essere considerato figlio della figlia del re egiziano. Egli preferì essere maltrattato insieme con il popolo di Dio, piuttosto che vivere bene per qualche tempo nel peccato. Pensava che essere disprezzato come il *Messia era una cosa più preziosa dei tesori degli Egiziani: infatti egli guardava sempre verso la ricompensa futura. Per fede, Mosè partì dall’Egitto, senza aver paura dell'ira del re. Rimase fermo nella sua decisione, come se vedesse il Dio invisibile.
Lettera agli Ebrei 11:24-27 Diodati Bibbia 1885 (DB1885)
Per fede Mosè, essendo divenuto grande, rifiutò d'esser chiamato figliuolo della figliuola di Faraone; eleggendo innanzi d'essere afflitto col popol di Dio, che d'aver per un breve tempo godimento di peccato; avendo reputato il vituperio di Cristo ricchezza maggiore de' tesori di Egitto; perciocchè egli riguardava alla rimunerazione. Per fede lasciò l'Egitto, non avendo temuta l'ira del re; perciocchè egli stette costante, come veggendo l'invisibile.