Il Signore mi parlò: «Ezechiele, c’erano una volta due sorelle, figlie della stessa madre. Quando erano ancora ragazze incominciarono a prostituirsi in Egitto, dove furono accarezzati i loro seni, palpati i loro giovani petti. La più grande si chiamava Oolà, la più piccola Oolibà. La prima rappresenta Samaria, la seconda Gerusalemme. Le presi in moglie entrambe, e mi dettero figli e figlie. Benché fosse mia, Oolà continuò a prostituirsi. Desiderava i suoi vicini, gli Assiri, e li volle come amanti. Essi portavano vesti colorate con la porpora, perché erano alti funzionari e ufficiali di cavalleria. Erano tutti giovani e attraenti. Oolà si concedeva a loro che erano il fior fiore degli Assiri. Il suo desiderio ardente la portava a contaminarsi, adorando i loro idoli. Continuava a prostituirsi, come in Egitto, quando gli uomini andavano a letto con lei, ancora ragazza, e abusavano della sua verginità, sfogando la loro lussuria. Perciò io l’abbandonai nelle mani degli Assiri, suoi amanti, che lei desiderava tanto. Essi la spogliarono completamente, catturarono i suoi figli e le sue figlie, la passarono a fil di spada. La sua condanna fu esemplare: il suo stesso nome divenne un monito per le altre donne». «Oolibà, sua sorella, vide tutto questo. Ma il suo desiderio era più sfrenato di quello di Oolà, e la superò con le sue prostituzioni.
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